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Parole di montagna
e parole di città |
La MONTAGNA è una categoria unificante dell’esistenza e
del pensiero, un tópos verso il quale confluiscono
innumerevoli corsi di indagine e d’esperienza che puntano,
dai più svariati gradi e modi d’orizzonte, verso una
verticale di senso. Francesco Tomatis ha scritto un saggio,
Filosofia della montagna (Bompiani Tascabili, 2005),
nel quale si dànno convito una serie spunti che vanno dalla
filosofia occidentale e orientale alla religione, dalla
poesia alla mistica, dalla vita vissuta alla vita sognata,
dai drammi dispersi dell’umanità alla possibilità di
radunarli attorno a un qualche gnomone di significato.
Scrive l’autore nella prefazione: “In una caleidoscopica
visione, composta da ottantun brevi capitoli, cercherò di
accompagnare il lettore in altrettanti passi differenziati a
ripercorrere sentieri e luoghi, esperienze e riflessioni,
domande, gioie e disperazioni, che io stesso ho provato
grazie alla montagna. Tenterò di affrontare anche questioni
centrali per l’uomo: la libertà e il rischio, la pace e il
rapporto con gli altri, l’origine del linguaggio e il futuro
della vita, il perché del male e l’esperienza del nulla
(eppure anche del divino) tangibile attraverso ogni minima
creatura. La montagna è altamente istruttiva, può suggerire
soluzioni ai più complicati interrogativi filosofici o ai
nostri problemi quotidiani non ritrovabili altrove. Che si
voglian considerare questioni ecologiche, alpinistiche o
educative, politiche, religiose o esistenziali, alimentari,
linguistiche o musicali, o tante altre ancora, la montagna
non solo insegna, ma anche appassiona; perché in ogni modo
la si percorra, da qualsiasi prospettiva la si veda, essa è
sempre profondamente vera, secondo una ricchezza semplice e
inesauribile, sperimentalmente esemplare per ciascun uomo e
per tutte le creature”.
Qualche esempio di queste sovrane PAROLE DELLA MONTAGNA:
Tra orizzontale e verticale, hóros e
óros
Coltivare, amare, pregare
Radicamento e liberazione
Ascendere e discendere
Ritorno al mondo
Gravità terrestre e rapimenti celesti
Silenzio e parola
Respiro e cammino
Spirito e forza
Pesanteur
e grazia
Sentiero e svolta, passo e traccia
Via, moto, teologia
Passaggi estremi
Pensare al limite
Camminare, danzare, pensare
Balzo e passo, scivolamento e staticità
Istante átopos e atemporale
Fra due abissi, caduta e rischio
Abnegazione, cordata, religione
Rinuncia, prontezza, attesa
Vertigine e stupore, estasi e separazione
Grazia e libertà
Scelta e inizio
Inizio e fine, sopravvivere
Inaccessibilità e inabbandonabilità
Monte e metafisica
Valle e vuoto, vento e vacuità
Terra e cielo
Vetta e abisso
Realtà e analogia, simbolo e trascendenza
Via sovrannaturale
Vita o morte, sventura e avventura
Monte bianco e croce
Natura ventura
Cinque elementi
Cicli e metamorfosi
Colori solari o luce divina
Cristalli e pietre
Laghi che cantano
Tramonti e aurora
Aureole e arcobaleno
Trepidante natura
Acqua sorgente
Nascita boschiva
Alberi mediatori
Essenze e fiori
Pascolare e saltare
Uccelli e voli sonanti
Città, montagna, Paradiso
Solco montano e città naturale
Contrade alpine e civiltà ideali
Monte della pace
Culture e feste alte
Spazi per dire sì
Esser
d’oc
Debole forza della lingua
Differenza e comunione
L’insieme coordinato di queste PAROLE mi sembra un’ipersfera
di ‘sensi’ e di tópoi tangente in ogni punto la sfera
delle idee e dei progetti che andiamo coltivando, o che
andiamo immaginando. SMERILLO E’ MONTAGNA… Sono queste, e
forse poche altre, le PAROLE che, magari inconsapevolmente,
desidera ascoltare chi si reca a SMERILLO: sia che lo faccia
per una passeggiata solitaria o comunitaria, per un
soggiorno, per una meditazione, per una festa, per un cinema
all’aperto in una notte di mezza estate; sia che il suo
scopo apparente sia ‘soltanto’ quello di una ristorazione
agro-turistico-alimentare, o di una piena immersione negli
andirivieni impossibili della castagnata. Proprio a
proposito di quest’ultima ho fatto sempre notare come
sarebbe molto più agevole per chi desideri castagne o dolci
limitarsi a frequentare le castagnate della pianura o delle
città. Se vengono così tanti a Smerillo è perché, insieme
alle castagne, cercano qualcos’altro. Senza dubbio, qualcuna
di quelle parole sopra citate.
Ha un
senso, e grandissimo, sia per il mantenimento della sua
costante storica, delle sue tradizioni, del suo spirito, e
sia anche per l’adesione critica, e dunque provvidenziale,
al nuovo che si muove e talora incalza, che SMERILLO
pronunci per sé e annunci ad altri quelle PAROLE che gli
competono, e perciò il suo ESSERE più genuino e profondo,
mediante e attraverso la POESIA. Con ‘mediante’ intendo dire
‘per mezzo di’ e con ‘attraverso’ alludo a una ‘trasparenza’,
a un sottilissimo ricamo che vela e incarna, disincarna e
rivela.
Con la
poesia quelle PAROLE possedute da SMERILLO, ma forse troppo
nascoste nei suoi boscosi precipizi, vengono portate alla
luce, fatte sgorgare e inviate fino ai più lontani CONFINI
dell’anima, e fino a tutto un universo di ascoltatori prima
ignari dell’esistenza di un LUOGO reale e ideale (tanto più
ideale quanto più reale, e viceversa) che tali PAROLE
proclama ad extra mediante una
molteplicità/reciprocità di reti di lettura; ma che
soprattutto le lascia leggere nella propria roccia e nelle
proprie pagine; nelle proprie pagine di roccia e nella
roccia tramutata in pagine. Si può accennare qui, e non è
invano, a una specie di metamorfosi, nel senso che SMERILLO,
insieme alle sue PAROLE costitutive, si trasforma
misteriosamente ma realmente in PAROLE-POESIA.
A sua
volta la POESIA, quasi ‘incosandosi’ in SMERILLO, e
assumendone così la concretezza di testimone d’eccellenza a
favore di quelle PAROLE che essa stessa cerca da sempre di
inseguire e rintracciare, si riconoscerà a SMERILLO come a
CASA, e nella località PARTICOLARE di tale modo d’essere
diventerà sempre più APERTA e UNIVERSALE. L’arte infatti
sorge allorché il TUTTO riesce ad essere contenuto in una
minuscola PARTE, e l’INFINITO ospitato dal FRAMMENTO. Con la
poesia ciò è particolarmente vero.
La nostra esperienza è, soprattutto, fatta di PAROLE DI
CITTA’ e non di PAROLE DI MONTAGNA. Non che la città sia da
disdegnare, ma i suoi parametri di giudizio e di vita
tendono più, anche nell’arte, all’omologazione e
all’aridità, alla sovrapposizione e all’indifferenza, alla
confusione e al disordine, ai circuiti obbligati e senza
apertura di confini. La città non sarà salvata da parole di
città, ma da parole d’altrove, magari da parole di montagna.
Sarà allora andando alla montagna – non necessariamente in
montagna – e alle parole della montagna che la città potrà
salvarsi. Sarà la bellezza – presente anche nel mondo ma
altra dal mondo – a salvare il mondo.
Giovanni Zamponi |
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