giovedì 25 aprile 2024

 
 
 
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Parole di montagna e parole di città

 

La MONTAGNA è una categoria unificante dell’esistenza e del pensiero, un tópos verso il quale confluiscono innumerevoli corsi di indagine e d’esperienza che puntano, dai più svariati gradi e modi d’orizzonte, verso una verticale di senso. Francesco Tomatis ha scritto un saggio, Filosofia della montagna (Bompiani Tascabili, 2005), nel quale si dànno convito una serie spunti che vanno dalla filosofia occidentale e orientale alla religione, dalla poesia alla mistica, dalla vita vissuta alla vita sognata, dai drammi dispersi dell’umanità alla possibilità di radunarli attorno a un qualche gnomone di significato. Scrive l’autore nella prefazione: “In una caleidoscopica visione, composta da ottantun brevi capitoli, cercherò di accompagnare il lettore in altrettanti passi differenziati a ripercorrere sentieri e luoghi, esperienze e riflessioni, domande, gioie e disperazioni, che io stesso ho provato grazie alla montagna. Tenterò di affrontare anche questioni centrali per l’uomo: la libertà e il rischio, la pace e il rapporto con gli altri, l’origine del linguaggio e il futuro della vita, il perché del male e l’esperienza del nulla (eppure anche del divino) tangibile attraverso ogni minima creatura. La montagna è altamente istruttiva, può suggerire soluzioni ai più complicati interrogativi filosofici o ai nostri problemi quotidiani non ritrovabili altrove. Che si voglian considerare questioni ecologiche, alpinistiche o educative, politiche, religiose o esistenziali, alimentari, linguistiche o musicali, o tante altre ancora, la montagna non solo insegna, ma anche appassiona; perché in ogni modo la si percorra, da qualsiasi prospettiva la si veda, essa è sempre profondamente vera, secondo una ricchezza semplice e inesauribile, sperimentalmente esemplare per ciascun uomo e per tutte le creature”.

Qualche esempio di queste sovrane PAROLE DELLA MONTAGNA: 

Tra orizzontale e verticale, hóros e óros
Coltivare, amare, pregare
Radicamento e liberazione
Ascendere e discendere
Ritorno al mondo
Gravità terrestre e rapimenti celesti
Silenzio e parola
Respiro e cammino
Spirito e forza
Pesanteur e grazia
Sentiero e svolta, passo e traccia
Via, moto, teologia
Passaggi estremi
Pensare al limite
Camminare, danzare, pensare

Balzo e passo, scivolamento e staticità
Istante átopos e atemporale
Fra due abissi, caduta e rischio
Abnegazione, cordata, religione
Rinuncia, prontezza, attesa
Vertigine e stupore, estasi e separazione
Grazia e libertà
Scelta e inizio
Inizio e fine, sopravvivere

Inaccessibilità e inabbandonabilità
Monte e metafisica
Valle e vuoto, vento e vacuità
Terra e cielo
Vetta e abisso
Realtà e analogia, simbolo e trascendenza
Via sovrannaturale
Vita o morte, sventura e avventura
Monte bianco e croce

Natura ventura
Cinque elementi
Cicli e metamorfosi
Colori solari o luce divina
Cristalli e pietre
Laghi che cantano
Tramonti e aurora
Aureole e arcobaleno

Trepidante natura
Acqua sorgente
Nascita boschiva
Alberi mediatori
Essenze e fiori
Pascolare e saltare
Uccelli e voli sonanti 

Città, montagna, Paradiso
Solco montano e città naturale
Contrade alpine e civiltà ideali
Monte della pace
Culture e feste alte
Spazi per dire sì
Esser d’oc
Debole forza della lingua
Differenza e comunione 

L’insieme coordinato di queste PAROLE mi sembra un’ipersfera di ‘sensi’ e di tópoi tangente in ogni punto la sfera delle idee e dei progetti che andiamo coltivando, o che andiamo immaginando. SMERILLO E’ MONTAGNA… Sono queste, e forse poche altre, le PAROLE che, magari inconsapevolmente, desidera ascoltare chi si reca a SMERILLO: sia che lo faccia per una passeggiata solitaria o comunitaria, per un soggiorno, per una meditazione, per una festa, per un cinema all’aperto in una notte di mezza estate; sia che  il suo scopo apparente sia ‘soltanto’ quello di una ristorazione agro-turistico-alimentare, o di una piena immersione negli andirivieni impossibili della castagnata. Proprio a proposito di quest’ultima ho fatto sempre notare come sarebbe molto più agevole per chi desideri castagne o dolci limitarsi a frequentare le castagnate della pianura o delle città. Se vengono così tanti a Smerillo è perché, insieme alle castagne, cercano qualcos’altro. Senza dubbio, qualcuna di quelle parole sopra citate.

Ha un senso, e grandissimo, sia per il mantenimento della sua costante storica, delle sue tradizioni, del suo spirito, e sia anche per l’adesione critica, e dunque provvidenziale, al nuovo che si muove e talora incalza, che SMERILLO pronunci per sé e annunci ad altri quelle PAROLE che gli competono, e perciò il suo ESSERE più genuino e profondo, mediante e attraverso la POESIA. Con ‘mediante’ intendo dire ‘per mezzo di’ e con ‘attraverso’ alludo a una ‘trasparenza’, a un sottilissimo ricamo che vela e incarna, disincarna e rivela.

Con la poesia quelle PAROLE possedute da SMERILLO, ma forse troppo nascoste nei suoi boscosi precipizi, vengono portate alla luce, fatte sgorgare e inviate fino ai più lontani CONFINI dell’anima, e fino a tutto un universo di ascoltatori prima ignari dell’esistenza di un LUOGO reale e ideale (tanto più ideale quanto più reale, e viceversa) che tali PAROLE proclama ad extra mediante una molteplicità/reciprocità di reti di lettura; ma che soprattutto le lascia leggere nella propria roccia e nelle proprie pagine; nelle proprie pagine di roccia e nella roccia tramutata in pagine. Si può accennare qui, e non è invano, a una specie di metamorfosi, nel senso che SMERILLO, insieme alle sue PAROLE costitutive, si trasforma misteriosamente ma realmente in PAROLE-POESIA.

A sua volta la POESIA, quasi ‘incosandosi’ in SMERILLO, e assumendone così la concretezza di testimone d’eccellenza a favore di quelle PAROLE che essa stessa cerca da sempre di inseguire e rintracciare, si riconoscerà a SMERILLO come a CASA, e nella località PARTICOLARE di tale modo d’essere diventerà sempre più APERTA e UNIVERSALE. L’arte infatti sorge allorché il TUTTO riesce ad essere contenuto in una minuscola PARTE, e l’INFINITO ospitato dal FRAMMENTO. Con la poesia ciò è particolarmente vero.

La nostra esperienza è, soprattutto, fatta di PAROLE DI CITTA’ e non di PAROLE DI MONTAGNA. Non che la città sia da disdegnare, ma i suoi parametri di giudizio e di vita tendono più, anche nell’arte, all’omologazione e all’aridità, alla sovrapposizione e all’indifferenza, alla confusione e al disordine, ai circuiti obbligati e senza apertura di confini. La città non sarà salvata da parole di città, ma da parole d’altrove, magari da parole di montagna. Sarà allora andando alla montagna – non necessariamente in montagna – e alle parole della montagna che la città potrà salvarsi. Sarà la bellezza – presente anche nel mondo ma altra dal mondo – a salvare il mondo. 

Giovanni Zamponi

 
 

 

sono le ore 11:14

 
 
 
 

ultimo aggiornamento il 07-10-10

 

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