|
|
Smerillo e la
poesia: una casa per la casa dell'anima |
Eleggere Smerillo 'paese della poesia' evoca immediati riflessi di lirismo bucolico e
arcadico, sostenuto dagli elementi 'pittorici' e panoramici
del piccolo centro medievale: dal frascheggiato e silente
ondeggiare dei boschi, dallo scrosciare leggero dei ruscelli
silvestri, dal numero e dall'armonia dei fiori, dalla
percezione quasi tattile di 'presenze' che abitano la luce e
l'ombra dei suoi miraggi. Un animo sensibile fatalmente si
innamora di tutto ciò, e in un misto di reminiscenze – anche
scolastiche – e di sogni mai giunti a compimento, si
addentra nel paesaggio e vagheggia Orfeo, Tibullo, Virgilio,
Petrarca, Metastasio, Leopardi, Pascoli.
E' anche questo, ma non è solo
questo, il fascino poetico di Smerillo. V'è qualcosa di più
necessario, ed è qualcosa che ha a che fare con la genesi
stessa della creazione, la quale prende avvio e forma nel
nucleo generante dello spirito. Più o meno mortificata
dall'effimero, più o meno soffocata dall'inutile e dalla
quantità, ciascuno alberga nel proprio intimo una dimora,
una soglia aperta, seppure recintata: è la "casa
dell'anima". Le sue pareti sono indeterminate, e così le sue
dimensioni; il suo tempo e il suo spazio sono senza confini.
Ospita l'essenziale: sogni, speranze, illusioni, memorie,
domande eterne sulla vita e sulla morte, sul senso del cosmo
e dell'amore; reca le tracce della personale fatica di
Sisifo contro l'angoscia del nulla, e della lotta con Dio
sotto il firmamento; vi discorre un ospite segreto, vi sono
trascritti i nomi arcani delle cose.
La poesia è una delle lingue
della "casa dell'anima", modulata su messaggi aperti di
immagini e di musica, parlata e ascoltata, indivisa e
condivisa; rivolta alla terra e al cielo, ai mortali e ai
divini. Poeta è colui che passa gran parte del suo 'tempo'
tra le 'pareti di questa casa', tra le sue quinte; e
racconta, e si racconta. Gli altri, coloro che non sono
abituati a tale frequentazione, sovente si sentono sorpresi
da quel racconto, e come risvegliati e narrati a se stessi.
La voce del poeta si fa per loro portavoce dei propri
sentimenti, mettendo a nudo qualcosa sempre percepito e mai
espresso, che ha le sembianze di uno specchio universale.
Scoprono – o riscoprono – così anche essi la propria "casa
dell'anima", e ne riconoscono la lingua. E' qui la virtù
maieutica della poesia, esercitata o solo meditata. Altre
volte l’impensato che la poesia sussurra assomiglia a
qualcosa di più; assomiglia all’impensabile, e apre una
finestra su panorami mai narrati.
Non esiste una via di accesso
privilegiata alla casa interiore, tutti i sentieri possono
condurvi. Tuttavia, si dànno occasioni propizie e luoghi
singolari nella sinergia dei quali il richiamo della "casa
dell'anima" diventa meglio ascoltabile, invocato da analogie
percettive e similarità simboliche su ritmi di concordanze
quasi palpabili. Smerillo, con la sobrietà sapida degli
oggetti di pietra e la vastità inafferrabile dei segni
spaziali e temporali, rivela e dispiega spontanee sintonie
con i codici misteriosi e le 'assonometrie' della "casa
dell'anima", e ne attira e attiva l'energia.
L'immedesimazione con l'indefinito, il lontano e presente,
aiuta a decodificare gli indizi che stanno oltre
l'inessenziale.
I poeti avvertono a Smerillo
più nitide e consone le coordinate ideali e sensitive che
accompagnano perennemente il viaggio della loro ispirazione.
Va da sé che non si tratta di coordinate assoggettabili
automaticamente al lirismo paesaggistico, ciascuno scala
l'arte della parola da un versante irripetibile. Coloro che
prediligono la poesia, pur non ritenendosi poeti, ne
assorbono meglio la grazia, interfoliata nel cielo e
colorata dai boschi, impreziosita dalle ombre e circoscritta
dalla luce, inseguita dal vento e illuminata dal brusio del
silenzio, rarefatta dall'aria e sonorizzata dalla roccia.
Smerillo, dunque, e con esso
il suo progetto poetico, non è un modello da concretizzare
in schemi progettuali redditizi, cioè in "cose"; è piuttosto
una "casa" per la "casa dell'anima", un oscillatore armonico
in grado di entrare in risonanza con il segnale poetico e
amplificarlo – in produzione e in riproduzione –
rispecchiandone e rispettandone la genuinità, esaltandone la
fragranza; una camera per concerto e una stanza d'ascolto,
un balcone per la scrittura e un'altana per la lettura; un
ambiente d'alta fedeltà poetica, insomma. Sintetizzando,
l'icona di un'atmosfera possibile. E' per tutto questo, e
non per altro, che lo diciamo 'paese della poesia'. Gli
eventi e le forme che realizzeranno – se costanza sarà –
questa sua nuova vocazione, saranno generati da quell'icona,
e non viceversa; i momenti forti e caratterizzanti, scanditi
dall'ampiezza e dalla misura della sua 'impercettibile'
orchestrazione.
|
|
|
|